subregione Vestinia

mappa subregione VESTINIA e dei singoli Comuni   

Nel versante Nord-Orientale del Gran Sasso d' Italia, in uno spazio di circa 500 km2 ed una distanza di appena 35 km dal mare alla montagna, con un dislivello altimetrico di circa 3.000 metri, si viene a formare un territorio unico per la varietà della sua morfologia, arricchito dalle presenze fluviali del Tavo, del Fino, del Piomba e del Saline.

Denominato Vestinia, questo territorio non ha eguali in tutti gli 800 km. della costa adriatica e mostra, oltre ad innumerevoli diversità naturalistiche ed ambientali, una particolare vivacità nel settore agricolo che ha favorito il mantenimento e lo sviluppo di moltissime eccellenze nel settore agro-alimentare ed inoltre risulta essere ricchissimo di monumenti artistici, sia civili che religiosi, quindi ricchissimo di storia e cultura.Un territorio come la Vestinia andava tutelato e valorizzato e per questo scopo è stato istituito il Distretto rurale delle Terre Vestine che comprende 17 comuni, di cui 12 della provincia di Pescara e 5 della provincia di Teramo.

Le Terre Vestine geograficamente sono delimitate da Sud ad Ovest dal fiume Aterno-Pescara (Aternus), a Nord dal torrente Cerrano (Matrinus) e ad Est dal tratto di Mare Adriatico che va dalla foce del Cerrano (dove esisteva l'antico porto di Atri) alla foce dell'Aterno-Pescara (la città di Aternum, ora Pescara).

Inoltre, sono da aggiungere i 3 comuni di Fossa, Ofena e Prata d’Ansedonia, tutti in provincia di L’Aquila, in quanto storicamente centri principali della zona interna dell’antica Vestinia. Oggi il primo appartiene alla comunità territoriale Campo Imperatore-Piana di Navelli, gli altri due a quella Amiternina.

Parliamo del capoluogo del territorio, cioè della città di Penne: essa assume una posizione centrale non solo geograficamente, ma anche nel sociale (è stato centro di una Unità Socio-Sanitaria Locale e di una Comunità Montana Vestina), e storicamente è stata capitale dell'antico popolo vestino.

Penne, quindi, è sempre stata al centro di un territorio, il territorio vestino, intorno al quale hanno sempre fatto riferimento gli altri comuni, come un unico popolo, il popolo vestino.

E’ stata, nei millenni della sua storia, il loro riferimento storico, culturale, sociale ed economico.

Il territorio dei Vestini occupava una vasta area lungo le valli dell’Aterno e poi quella del Tirino, benché la loro capitale, Pinna (appunto, l’odierna Penne), si trovasse a ridosso dell’Adriatico e dei Pretuzi e raggiungeva il mare forse perché spinti dal commercio del sale, occupando un breve tratto di costa Adriatica compreso tra le foci dell' Aterno e le foci del Matrinus (attuale Cerrano-Piomba).

La popolazione dei Vestini poteva essere suddivisa in trasmontana e cismontana, a seconda della zona in cui si collocava.

Le notizie più antiche sul popolo risalgono al 324 a.C., periodo della seconda Guerra Sannitica (326-304 a.C.), durante la quale i Vestini si allearono con i Sanniti.

Subirono un processo di romanizzazione in due momenti diversi: la fascia interna fu annessa a Roma già all’inizio del III secolo a.C. mentre quella costiera rimase indipendente sino alla guerra sociale. Durante tale conflitto, essi rimasero fedeli a Roma, nonostante le ostilità degli altri popoli italici, ottenendo in cambio la cittadinanza romana.

Il loro nome potrebbe derivare sia da Vesta, divinità che proteggeva il popolo, che da Vestico, divinità umbra.

I principali centri erano per la zona interna Aveia (attuale Fossa), Peltuinum (attuale Prata d’Ansidonia) e di Aufinum (attuale Ofena) mentre per quella costiera erano Angulum (attuale Città Sant’Angelo) e Pinna (attuale Penne). Tutti gli altri insediamenti del territorio conservarono sempre la loro struttura di vici (il vicus, nell'antica Roma, era un aggregato di case e terreni, sia rurale che urbano, appartenente ad un pagus, cioè ad un luogo di culto, che non aveva alcun diritto civile come il municipium o la colonia romana).

L’economia dei Vestini si basava sulla coltivazione di cereali, olive, frutta e zafferano, di cui ancor oggi la regione è primo produttore in campo nazionale; molto sviluppata era anche la pastorizia con la produzione di latte e formaggio.

Le ricerche archeologiche non hanno evidenziato l’uso di sepoltura a tumulo ma di sepolture scavate sui pendii collinari (esempio necropoli di Vestea a Civitella Casanova).

Le testimonianze più significative provengono dalla necropoli di Montebello di Bertona, in cui sono state riportate alla luce 163 sepolture, una collana in pasta vitrea policroma con grani e una maschera umana di produzione cartaginese.

La necropoli di Contrada Farina a Loreto Aprutino (Pe) ha evidenziato la presenza di statue o stele antropomorfe e tombe femminili con corredi rettangolari a fascia traforata in bronzo e le ceramiche di tipo corinzio di importazione dall’Etruria.

Da una delle necropoli di Penne, proviene una tomba a camera costruita in laterizi, al cui interno è stato rinvenuto un letto funerario in legno e ferro, rivestito con appliques in osso di animali, con raffigurazioni antropomorfe e zoomorfe.

Tra gli insediamenti di cui si ignora il nome antico, il più noto è Capestrano, una vasta necropoli arcaica scavata nel 1934, da cui proviene il celebre Guerriero, oggi conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Chieti.

Il territorio dei Vestini trasmontani comprendeva le vallate dei fiumi Fino e Tavo, confinando a nord con i Pretuzi e la colonia di Hatria, a ovest con i Vestini cismontani e i Sabini, a sud con i Marrucini, gli Equi, i Marsi e i Peligni. Esso toccava per breve tratto (circa 8 km) il mare Adriatico, compreso il porto alla foce dell’antica Ostia Aterni (oggi Pescara).

Il territorio dei Vestini cismontani, invece, confinava a nord-ovest, lungo il corso del torrente Raiale, con i Sabini, a sud-ovest il massiccio del Sirente lo separava dagli Equi e dai Marsi, le sorgenti del fiume Pescara marcavano il confine con i Peligni e a nord-est il Gran Sasso costituiva una barriera con il popolo dei Pretuzi.

La piana dell’Aquila, cuore dei cismontani, era racchiusa da un sistema di abitati fortificati di vari dimensioni e funzioni: quelli più grandi erano vere e proprie cittadelle munite di mura mentre i centri più piccoli svolgevano funzione di controllo e avvistamento sul territorio.

Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce vere e proprie necropoli monumentali vestine aquilane tra cui ricordiamo Fossa, Bazzano e Capestrano.

Nella necropoli di Fossa, quella meglio conservata, vi sono i grandi tumuli con file di menhir (grandi pietre monolitiche, erette in posizione verticale) disposti in ordine crescente, in uso nella prima età del ferro (IX-VIII sec. a.C.). Questo tipo di sepolture venne sostituito già in età arcaica da semplici deposizioni a fosse.

I corredi funebri sono costituiti da servizi di vasi, testimonianza dell’uso dell’offerta di vino, con l’orciolo e la tazza attingitoio, dai vasi ad impasto con decorazioni geometriche a lamelle metalliche applicate, dalle armi in ferro (note le caratteristiche spade tipo Fossa), dai dischi traforati, dalle fibule, spilloni, forcine per capelli e cinturoni con placche di rivestimento in bronzo e ferro.

Elemento originale del costume vestino era l’uso di seppellire i neonati, defunti nei primi tre mesi di vita, tra due coppi contrapposti, deposti senza corredo funebre.